La poesia è per le cose semplici, basta lavarsi accuratamente l’anima e saper ascoltare. Intervista a Fausto Celeghin.

Sono un’appassionata lettrice di narrativa, ma le mie ultime letture di poesia risalgono ai tempi dell’Università. Ricordo ancora un corso magistrale su « L’infinito » di Giacomo Leopardi alla Facoltà di Lettere che frequentavo e più tardi la scoperta della poesia del Novecento con Dino Campana.
Da allora, mi è capitato di leggere qualche poesia citata nei romanzi o di sfuggita su un manifesto pubblicitario o in un film.
Il mio nuovo incontro con la poesia è avvenuto in modo inatteso, in un momento doloroso della mia vita, attraverso una lettura ad alta voce del mio amico Walter Fano che ha registrato « Raccontare l’amore » di Fausto Celeghin.

Listen to « Raccontare l’amore » on Spreaker.

Perchè si resta colpiti da una poesia ? Non c’è una spiegazione logica, una poesia ha l’effetto emotivo della musica, mette in moto qualcosa in noi in modo del tutto insconscio.

Fausto Celeghin è nato e vive a Torino. « Sulla terra scalzo » è la sua prima raccolta poetica uscita da poco per le Edizioni Ensemble.

Caro Fausto, molti affermano che le poesie non si spiegano, ma vuoi provare lo stesso a presentarci il tuo libro ?
Il titolo « Sulla terra scalzo » non è mio ma di Luciana Idini, una persona che ha collaborato con me. « Sulla terra scalzo » perché alla notizia della diagnosi accertata della malattia di Parkinson ho sentito il bisogno di muovere dei passi : volevo che una parte del mio corpo nudo venisse a contatto direttamenete con la terra cercando una simbiosi.
Il libro è diviso in cinque parti : enter, me, non me, mondo 2050, consolazione, che sono anche le fasi della malattia di Parkinson, o figlio degenere, o Parkin & Son, o zio Morby, o il mostro appoggiato al muro.
La prefazione è di Ernesto Siciliano, responsabile della pagina Facebook Maledetti Poeti e bravissimo poeta egli stesso. Il libro inoltre è corredato da alcune illustrazioni del fantastico grafico sabaudo Carlo Salandin : le idee per i disegni sono di entrambi.
Le poesie sono in un ordine che ho impostato io, ma hanno le date, quindi per capire come ho lavorato, una chiave di lettura è l’evoluzione nel tempo : da una fase arrabbiata e acerba fino alle ultime poesie, che risentono di molte letture poetiche e diventano più positive e asciutte.
La postfazione è dell’ AAPP Associazione Amici Parkinsoniani Piemonte. Il ricavato della vendita del libro sarà interamente devoluto all’ AAPP.
Il libro non parla direttamente di Parkinson ma è molto autoreferenziale.

Come sei arrivato alla poesia? Scrivi da sempre o hai cominciato a farlo come forma di terapia?
Mi sono appassionato alle parole con i testi delle canzoni, prima con i grandi cantautori italiani, poi ho iniziato ad ascoltare americani e inglesi come Lou Reed, Leonard Cohen e altri. Ho scritto quasi sempre per me, a parte due pubblicazioni in antologie e riviste quando ero molto giovane. Se non avessi avuto la malattia di Parkinson, probabilmente avrei continuato così. Invece questa silloge è un percorso psicoterapeutico. Spesse volte ho portato dei brani alla mia terapeuta e li abbiamo analizzati insieme. Attraverso le poesie sono giunto ad affrontare molti traumi e a rielaborarli meglio.

Il libro è dedicato a tua madre Norma e riporta alcuni versi della poesia « Ti bacio dolcemente », molte altre poesie traggono ispirazione dalla sua figura : una genesi della carne e della parola ?
Mia madre è una figura archetipa. Danza primordiale rappresenta la genesi, la madre delle madri, Gaia.
Mia madre è il primo audiolibro della storia, oltre a leggermi le favole mi ha anche insegnato le cose più importanti dell’universo: leggere e la differenza tra il bene e il male. Più di tutto mia madre è stata maestra di gesti, ha sempre dimostrato, anzi reso reale tutto attraverso il gesto : amare come necessità di aiutare l’altro, di sporgersi e di darsi.

Ti bacio dolcemente
Ti bacio dolcemente,
nascosto nella tasca di un diluvio,
che suona la sinfonia di ogni goccia,
al tintinnio delle tue gote.

E dentro i tuoi affanni ti bacio,
di fame e sassi,
dell’uva nera delle tue terre,
della miseria calpestata,
dai fragorosi sospiri.

Ti bacio lungo il brivido,
vitale e clandestino,
dell’alba del mio mondo,
diventi la mia musa.
E io, torno bambino.

 (16/05/2019)

Listen to « E io torno bambino » on Spreaker.

Hai definito alcune tue poesie« scatole cinesi », labirinti difficilmente identificabili di citazioni varie. Puoi presentarcene una per rendere la lettura più facile e stimolarci a conoscere e a scoprire ciò che scrivi ?
Sì, ti propongo una poesia acerba, ma unica per le citazioni. Forse non piacerà, pazienza…
The Ghost of Tom Joad nasce dalla mia passione per « Furore » di John Steinbeck. Oserei dire che è il mio romanzo preferito o sicuramente uno dei primi cinque. Ho scoperto casualmente che Bruce Springsteen ne aveva fatto una canzone ambientata ai giorni nostri.
Tom Joad è il figlio ribelle della famiglia Joad, una famiglia che vive la crisi economica del 1929 in America. Il loro lavoro viene reso inutile dall’avvento dei trattori che rubano il lavoro ai mezzadri. I loro terreni sono espropriati e loro sono costretti a un tragico « coast to coast » Oklaoma California a cercar lavoro.
La mia visione del mondo è un continuum spazio temporale permeato di entropia. Questa poesia sta a dimostrare che il tempo non esiste. È un’invenzione umana.
Ecco le citazioni o pensieri nascosti.
– L’Armaggeddon : da un articolo letto chissà dove che diceva che sulla terra sono passate 30.000.000.000 di anime.
– Puttane immolate : sono le prostitute di varie corti che si facevano ritrarre come sante.
– Ford t, Gran Torino è un’ automobile protagonista dello splendido omonimo film di Clint Eastwood
– « Non si trova posto » è precisamente una frase da « Furore ». I Joad non trovano posto nei campeggi allestiti dallo stato lungo la strada.
– Bakunin famoso anarchico.
– Sabba dell’isola pagana : mi riferisco alla storia del suicidio di massa avvenuto in Guyana occidentale il 18 novembre 1978.
– Inquisitori aragonesi velato riferimento alla fantastica serie di libri di Valerio Evangelisti « Nicolas Eymerich inquisitore » ; c’è un sito specifico.
– Nell’ultimo verso Caronte ulula perché è consapevole che ormai l’inferno è da un’altra parte.

The Ghost of Tom Joad
Oggi è il giorno del perdono.
Su questa terra,
di trentamila miliardi di solchi d’aratro,
di tappeti di capelli tessuti da puttane, immolate sante.
Angeli scavano e soffiano e sbuffano, spiumandosi le ali,
e un rovescio di medaglia diventa uno spicchio d’inferno.
I fari di vecchie carrette,
di Ford T, di Gran Torino,
lanciano bagliori baluginanti,
sopra facce decrepite e ammutolite,
che abitano scatole di cartone.
Non si trova un posto.
Tutti ubriachi di etica e di morale,
reclamano la loro ascendenza primitiva.
E un Gesù Cristo risorto,
appena uscito da una bettola fatiscente,
si guarda attorno per raccogliere proseliti,
ma neanche moltiplicando,
l’amore per il dolore,
porgendolo a piene mani,
riesce a scroccare un boccale di sangue,
dal suo amico Caino,
che lì per lì non si rende conto,
che qualcuno l’ha accoltellato.
Che tanto dolore,
che tutto il dolore di millenni,
viene del cielo perpetuo,
che sta per soccombere,
al ritorno dell’apocalisse.
Chi lo ha fatto capitolare?
C’è ben di peggio,
che uccidere un fratello alla greppia.
Che rubare terre radioattive ai nuovi contadini,
che guardare tuo padre,
e sputargli in faccia,
tutta la contentezza,
di essere stato messo al mondo.
Dalle autostrade arrivano dall’est,
fari che scivolano veloci,
facendo scappare animali ormai estinti.
Tutti contenti perché Dio ha mollato,
si dice fosse seguace di Bakunin,
e si scatena il Sabba nell’isola pagana.
Adesso è tutto, il tempo è sincrono.
Finalmente.
Non ci sono più momenti
d’amore da ricordare,
e dolori da seppellire.
Tutto avviene e tutto è avvenuto.
Gli preparano il calvario,
di terra avvelenata,
di cannibali affamati,
di inquisitori aragonesi.
Caronte ulula da lontano,
mordendo le fauci del destino,
con il traghetto in secca
senza ospiti
e senza cammino.
(22/09/2018)

Altre tue poesie Fausto sono molto diverse come per esempio « Raccontami una favola ».
Raccontami una favola è una poesia semplice. L’ho scritta per la mia nipotina Francesca. Durante il lockdown non potevamo vederci. Io le leggevo sempre qualcosa. Allora ho preso il telefonino e ho iniziato a leggere su Whatsapp. Per quello è una poesia semplice, per leggerla a lei.

Raccontami una favola
Osserva le nuvole.
Siediti in riva a me.
Lascia il tuo cammino,
per insegnarmi a vivere,
muta questo viaggio,
i nembi e il tuo destino.
Uniscono, separano,
fanno gli occhi sognanti,
affinché esistano,
le devi immaginare.
Fantastiche figure
sennò possono svanire
le più belle che possiedi,
che la tua mente
può creare.
Fantastiche riunioni
di principesse e demoni,
con draghi e cavalieri,
con orchi e con destrieri,
ma quando sarai grande
non ci saranno più.
La giostra coi cavalli,
una fiaba per ricordare,
va il tempo ingannatore,
con fate e gocce d’acqua.
E dopo tanta pioggia,
mi tufferò nel fiume,
prenderò una spada,
tutti i ricordi belli.
Riemergerò guardando,
in alto verso il cielo,
limpido e pulito.
Le nuvole hanno donato,
ciò che dovevano dare,
ormai son già partite
continuan a navigare
e io non ci son più.
Sarò solo un ricordo
di goccioline e ghiaccio
ognuno va per sé
a terminare il viaggio.
Tu parti all’arrembaggio.
Io aspetto qui.
(07/08/2020)

Parliamo della forma : le poesie della prime parti, quelle che tu hai definito « arrabbiate » sono un magma ritmico, lo stile è spigoloso, altisonante. Mentre quelle di Consolazione sono più narrative, alcune hanno un sapore semplice e antico come « Limoni o San Martino ».
Come spieghi questo cambiamento formale? La lingua che accoglie prima le visioni dell’inconscio libera alla fine la parte più sensibile e « fanciullina » (il « fanciullino » di Pascoli) che risiede in ognuno di noi?

L’ispirazione nell’arte è solo un attimo : vedi o annusi o tocchi. Senti con i vari sensi e recepisci che devi per forza parlare di quello, che lì ti porta la strada. Io ne ho ancora tanta da fare. Poi, alcune volte scrivi come una colata di cemento e poco c’è da dire. Alcune volte le poesie sono più artefatte, non lo nascondo, meticolose, corrette e ricorrette o forse sono proporzionali all’età e alle cavolate che hai fatto nella vita. Una cosa importante è che devo lasciarle in incubatrice un po’ e guardarle da tutti i lati : spigolosi, tondi, vicini, lontani e a un certo punto lo sento se può andare.

Limoni
C’è profumo nell’aria del giardinetto.
Sono limoni in un vaso.
Dovrebbero esser liberi,
anche loro.
Questi limoni,
piccoli astri ardenti.
L’unica cosa
che non puoi
togliere loro
è la parola.
La chiamano profumo.
È loro modo ringraziarmi
allietare la clausura.
Odoraci, annusaci,
questo è il nostro lavoro.
Produrre bellezza.
Grazie per esserti preso cura di noi,
dei nostri fiori, dei frutti,
con le mani tremanti
ma sicure.
Grazie per l’acqua fresca, la luce.
Per la coperta invernale.
Per aver curato la malattia.
Ora ci travaserai,
una casa più grande,
che non è libertà.
Ma ci consente di vivere.
Ecco il nostro profumo.
Buono come la prima sorsata
di vino fresco.
Dignitoso, agrumato,
avvolgente, floreale,
femminile, fruttato,
alcune volte amarognolo.
Grazie per esserti preso cura di noi.
Spostarci alla pioggia è stato faticoso.
Come stare al sole.
Ora annusa, ritemprati.
Dopo saremo frutto e ci doneremo a te.
Non potrai mai toglierci
il profumo,
e quando non te l’aspetti
ne ritroverai la fragranza.
Lì nell’aria.
Non potrai toglierci il profumo
né impedirci di parlare.
Il profumo è l’essenza della parola,
è il verbo imperativo.
Il verbo è la chiaroveggenza,
l’ordine delle cose in cui siamo.
Non smarrire il tuo profumo.
Non perdere il verbo.
Emanerai essenza di limone.
(03/08/2020)

In questo processo di crezione quanto è importante la tecnica : la metrica, le figure retoriche ?
Sì, la teoria è importante ma soprattutto per leggere. Ho studiato le figure retoriche all’università ma ho vaghi ricordi. Sto cercando di studiare un po’ di metrica. Non penso di usarla o almeno per quanto riguarda argomenti e poesie attuali. Descrivere per esempio una lattina schiacciata sull’asfalto, con un metodo classico mi sembra manieristico, un po’ fuori tempo. È come lo studio della musica : la musica la conosco, ma al momento di suonare me ne dimentico. Ho frequentato dei corsi di scrittura creativa e di dizione. La cassetta degli attrezzi è lì. Quando c’è bisogno si usa.

« San Martino » mi ha fatto pensare alla famosa poesia di Giosué Carducci « San Martino » che si studia a scuola. Quali sono stati i tuoi modelli letterari ?
Sono disordinato nelle letture. Mi piacciono Pierluigi Cappello, Amelia Rosselli, Gianni Rodari, Camillo Sbarbaro, Gualtieri e E.A Poe, Kafka, Kavafis, Dick, Janet Frame e molti altri, sia italiani che stranieri ; ma anche la cultura pop, quindi il cinema, il rock, il fumetto, la fantascienza.

Ci sono delle tue poesie come « Sakura », « La chiave », « Alberi 2020 », « Alberi 2050 » dedicata a Greta Thunberg in cui la natura e in particolare gli alberi sono molto presenti. Per te come Rousseau: « lo spettacolo della natura consola di ogni cosa? »
Ho avuto un rapporto conflittuale con la natura. Quando ero piccolo a quattro anni circa, mia madre dovette risiedere per un certo periodo a Bologna. Mi lasciava dai nonni paterni, in campagna. Ho conosciuto così la natura. Mi piaceva ma era anche solitudine e nostalgia della mamma. Da una parte ho odiato quel posto, dall’altra ho imparato ad amare ciò che c’era di bello : conoscevo piante, animali, davo il biberon ai vitellini e allo stesso tempo capivo delle cose. Dove andavano a finire i vitellini e gli altri animali? Erano altri anni e quello era il mestiere dei nonni, fare i contadini.
Ora sì, mi piace guardare. Mi piace la montagna, ma non posso più andarci. Mi è piaciuta, facevo lunghe passeggiate. La natura era esplorazioni in mountain bike nei posti più impervi e la solitudine patita da bambino, mi ha fatto capire come da grandi alcune volte è indispensabile : natura, bicicletta e solitudine. Ho scalato con la mia « specialissima » le montagne della mia terra e alcune della Francia: Mont Ventoux, Galibier, Alpe d’Huez.

Sakura
Pensavo che crescere
fosse solo un colpo d’ala.
Pensavo che tutti gli alberi
per emanare essenza
dovessero essere ciliegi in fiore.
Che ciliegie si potesse scrivere ciliEGE solo perché più bello.
Andai a scuola e misi la firma.
A militare misi la firma.
Venni assunto e misi la firma.
Sono ciò che sono
e non sogno più
ciliegi in fiore.
(14/07/2019)

Il mondo 2050 è la quarta parte del tuo libro e fa parte di un progetto a cui stai lavorando : creare un mondo fantascientifico in poesia. Che cosa nascerà da questa contaminazione di generi ?
Sono da sempre appassionato di fantascienza e di sf speculative fiction, nella sua accezione più particolare ora specializzata in vari sottogeneri distopici, ucronici, cyberpunk, viaggi nel tempo ecc. Mondo 2050 non è un libro di fantascienza ma di poesia ed è il tentativo, non so se il primo, di creare un mondo fantascientifico in poesia.
Il lavoro è « work in progress », ci vuole tempo per costruirlo e non so dove andrà a finire : sonnecchia insomma, ma è un sonno leggero. Il mio è un ipotetico mondo post catastrofe ecologica e vorrei renderlo una terra con delle leggi, dei personaggi di spicco, delle storie in cui ambientare dei racconti e renderlo vivido. Anzitutto l’ambiente: un pianeta, la terra o chissà, con varie tipologie climatiche, poi una simbiosi delle piante con degli umani. Come in Randagio poi c’è quell’attimo di sospensione. Devo chiedere ai personaggi chi sono, da dove vengono e quella nave attraccata al porto dove andrà.

Immobile la mia mente prega.
Sempre più lento io pago,
tutto i sì e i no del mondo,
perché si realizzino in un secondo.
D’un tratto il mio pianto scende,
il mio desiderio diventa un opale,
i treni ripartono, le gocce donano all’aria la loro inconsistenza.
Sopra io sto.
Unico essere senza sì e senza no.
Diseredato da una risposta,
maculato da una tigre…

Dico sempre che la poesia va frequentata. Questi luoghi, questi volti e queste sensazioni le ho provate su di me e descritte con molta fatica.

La poesia in Italia è da sempre considerata un genere per lo più elitario, destinato a pochi affezionati lettori, quando non è vista come un noioso obbligo scolastico. Si lamenta una marginalizzazione della poesia anche nel contesto mediatico, tu hai avuto difficoltà a trovare un editore, a dare visibilità alle tue poesie?
Non penso che la poesia sia un genere elitario, al contrario potrebbe essere un genere estremamente popolare. Il fatto che la poesia sia avulsa dalla società dipende dal fatto che a livello scolastico si prediligono alcune materie anziché altre. La storia dell’arte, la musica, la poesia, la storia, vengono considerate ingombranti fardelli. Non c’è tempo per queste cose, ora si deve correre veloci, non si può osservare. Il mondo richiede altri saperi e alcune materie che fanno ragionare troppo, danno fastidio.

Hai creato una pagina Facebook e Instagram chiamata « Versi Di Versi » dove pubblichi poesie tue e di altri. Giudichi importante che i poeti si trovino a ragionare, a scrivere, a farsi domande e a discutere di poesia e sulla poesia?
La pagina Facebook Versi Di Versi è nata con uno spirito diverso dalle altre pagine. Già prima di aprire questa pagina visitavo altri siti. Ho notato che tutti vogliono stare in alto, propongono recensioni altisonanti, paroloni che pochi possono intendere. Così si rende la poesia sempre più chiusa, un mondo dove i poeti si leggono l’un l’altro. Poi mi capitò di visitare un sito in cui recensivano libri. Lessi lì la recensione più bella della mia vita, fatta da una signora anziana che dichiarava di avere la terza elementare. La signora rilesse « I promessi sposi » e li descrisse con un entusiasmo talmente vivido e una passione fuori dal comune che, tutti gli errori ortografici che commetteva, passavano in secondo piano.
Aprii la pagina Facebook e usai un linguaggio semplice, per tutti. Dissi che chi voleva pubblicare lo poteva fare e che se qualcuno non capiva le poesie poteva chiedere spiegazioni. Così varie persone tirarono fuori dal cassetto le loro poesie, quelle della gente vera, anche dei bambini. Tuttora mi piace così, pubblico ciò che mi piace: editi, inediti, famosi e non. La mia è una pagina personale più che di cultura, una specie di casa del quartiere e chi vuole scrivere lo può fare. Io stesso non ho nessuna velleità se non quella di fare rete e diffondere quello che resta di bello. Considero importante diffondere la poesia, c’è una poesia per ognuno di noi.

https://www.facebook.com/versoestinto
La parola ti permette oggi di lasciare ogni tanto « il mostro appoggiato al muro » e di trovare la forza della consolazione. Con Le mie scarpe riesci anche a trovare l’ironia per raccontare di come un bel giorno le tue scarpe hanno deciso di andarsene per il mondo.
Sì, ma le scarpe che uso adesso sono definitivamente ritornate a casa, dopo un lungo viaggio. Il prossimo paio lo comprerò senza lacci.

Listen to « Le mie scarpe » on Spreaker.

Non so se si nasce poeti o se lo si diventa, se in ognuno di noi c’è un poeta, sono pochi i veri poeti.
Conosci la famosa frase di Housman: « Non so che cosa sia la poesia ma la riconosco quando la sento » ? È una frase talmente bella che è inflazionata e certe volte mi dà fastidio. Secondo me, non è necessario saper scrivere per essere poeti, ma avere una predisposizione d’animo molto sensibile e toccata dalla magia. Si nasce così ? Sì, ma può essere un dono o una dannazione.

Fabiola Viani

Fausto Celeghin, Sulla terra scalzo, Edizioni Ensemble

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Comments

  • Janie Fikes

    octobre 15, 2024 at 20 h 00 min
    Reply

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  • Anne

    avril 12, 2021 at 12 h 11 min
    Reply

    Grazie mille Fabiola per questo articolo molto interessante, delicato e commovente.

    • Fabiola Viani
      to Anne

      avril 12, 2021 at 22 h 23 min
      Reply

      Grazie a te Anne !

  • Fabiola

    avril 6, 2021 at 13 h 01 min
    Reply

    Grazie Marc e Marie, trasmettero' a Fausto che ne sarà felice.

  • Marc

    avril 6, 2021 at 12 h 04 min
    Reply

    Une bella scoperta di questo poeta e della rivista, grazie Fabiola e bravo Fausto Celeghin !

  • Marie

    avril 5, 2021 at 17 h 52 min
    Reply

    Grazie per questo bello momento

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