Mondaino, la bellezza senza belletti

Vista dall’alto in una limpida giornata invernale, la Riviera Romagnola appare nella sua interezza come pura entità fisica. Siamo fuori stagione e quest’anno c’è veramente pochissima gente in giro, decisamente meno che negli anni precedenti la pandemia. Con l’aeroporto inattivo, gli alberghi vuoti e molte vetrine spente, la conurbazione riminese è in concreto un deposito di svaghi smessi. Quando non ci sono i suoni e le luci delle folle festanti e dei turisti rilassati, ciò che resta è una “cosa” ingombrante e asimmetrica, in cui non appare alcuna traccia di bellezza. Se la Romagna balneare piace a molti turisti, è per la sua capacità inalterata negli anni di creare un’atmosfera inimitabile di ospitalità, comodità e spensieratezza per tutti; per ottenere questo, la Riviera non ha mai avuto bisogno di esser bella.

Allontanandosi dalla costa, si incontra la vita di tutti i giorni e non mancano tracce di bello; anche qui, l’occhio accorto dovrebbe fermarsi a distinguere la bellezza autentica e quella indotta dallo sfruttamento ai fini turistici, come è avvenuto a San Marino e Gradara. Queste due località, note a tutti, sono il tipico esempio di come il racconto di un luogo possa condizionarne l’aspetto fisico e le vocazioni economiche, a spese di una corretta restituzione filologica della storia locale: se Gradara non fosse falsamente associata all’amore infelice di Paolo e Francesca, non avrebbe l’aspetto attuale (grazioso, ma risalente a meno di un secolo fa) e probabilmente non attrarrebbe migliaia di visitatori; lo stratagemma della veronese “Casa di Giulietta” funziona ovunque. Di luoghi che amano essere raccontati sono pieni i siti delle agenzie di viaggi; qui preferiamo soffermarci su quelli che hanno loro qualcosa di vero da raccontare, anche se magari la voce è diventata fioca o viene sovrastata dal frastuono dell’epoca contemporanea.

La meta della nostra escursione è Mondaino, paese con meno di 1500 abitanti sulle colline che guardano verso Riccione e Cattolica. Difficilmente i pacchetti viaggio pensati all’estero con destinazione Italia lo includono nel tour – e fin qui, nulla di strano – ma persino molti romagnoli ne ignorano l’esistenza e non ne fanno una meta frequente di gite fuori porta. La storia demografica di Mondaino mostra che dal 1951 ad oggi la popolazione residente si è quasi dimezzata, come è successo a un numero consistente di borghi appenninici: il lavoro, il benessere, la “vera vita”, misurati con i criteri dell’ultimo mezzo secolo, non abitano in questa zona. Sarebbe facile contrapporre alla congestione della Riviera il silenzio e l’aria buona di questi colli e un certo turismo di nicchia lo fa da anni; ma Mondaino non è una “selva selvaggia”, dove rifarsi semplicemente il naso dallo smog delle moto rombanti di Misano, e sa raccontare ed offrire spunti di vita umana autentica, senza belletti e senza retorica.

All’ingresso del paese si nota, edificio maestoso e aggraziato insieme, lo stabilimento della “Galanti”, che fino agli anni Settanta costruiva fisarmoniche vantando anche un negozio a New York; oggi l’attività continua nel settore della musica elettronica, ma le linee anni Trenta della vecchia fabbrica riportano alla mente l’inconfondibile soffio dei vecchi mantici. Salendo verso il centro storico, la vista spazia da Rimini a Pesaro, dominando le valli del Conca e del Foglia; questo spiega la presenza della Rocca Malatestiana, eretta in tempi in cui i panorami non erano pittoreschi, ma suggerivano strategie militari e politiche. Percorrendo la via centrale, che incrocia vicoli da cui si vede il cielo come attraverso una feritoia, in pochi minuti si giunge all’estremità opposta del centro e anche qui la veduta è ampia, da San Marino al Monte Catria. Le case del borgo sono state in parte restaurate, ma senza quell’atteggiata leziosità che strizza l’occhio al turista ansioso di fotografare. Curiosando attraverso i vetri delle finestre, si ha la sensazione che le case abitate, pur non moltissime, siano realmente vissute e non destinate a brevi permanenze in stile bed and breakfast.

Proprio all’estremo sud-ovest, dove sembra che tutto il mondo finisca a strapiombo sui tramonti appenninici, si rivela a sorpresa la casa più vissuta di tutto il borgo antico. Al piano rialzato si scorge un distinto signore intento a leggere e scrivere: è il professor Angelo Chiaretti, fondatore del Centro Dantesco “San Gregorio in Conca”, associazione che quest’anno festeggia venticinque anni di attività. Il seminterrato, invece, ospita il Mulino della Porta di Sotto, spazio gestito con sincera passione dal figlio del professor Chiaretti ed equamente diviso tra saletta per incontri su temi danteschi, fosse trecentesche dove si stagionano pregiati formaggi e rivendita di prodotti alimentari della zona. L’edificio, un tempo ridotto ad officina meccanica con i muri brutalmente intonacati, era diventato irriconoscibile; c’è voluto tutto l’amore della famiglia per restaurarlo e farne un luogo di cultura, delizie e profumi. A Mondaino la memoria storica e letteraria si coltiva anche attraverso il “Latinus Ludus”, concorso di traduzione dei classici nato per celebrare la figura di Sebastiano Sanchini, nato qui e famoso per essere stato il precettore del piccolo Giacomo Leopardi.

Basterebbero questi esempi per lodare una comunità così motivata a non disperdere i fili della memoria, ma la storia forse più interessante riporta a fili non metaforici, quelli maneggiati da una stirpe di sarti. Nel 1943, una famiglia di tredici ebrei in fuga, di passaggio a Cattolica, chiese aiuto ed abiti al sarto Guido Morganti, rivelandogli incautamente i cognomi dei suoi membri; il caso volle che l’artigiano si ricordasse di un suo vecchio fornitore ebreo, parente dei fuggitivi, che aveva concesso credito alla piccola bottega in un momento di difficoltà economica quando a gestirla era il nonno, proprio a Mondaino. Qui vennero nascosti tutti e tredici dalla famiglia Morganti e riuscirono a salvarsi dalla deportazione, perciò nel 2007 Giudo Morganti è stato riconosciuto Giusto tra le Nazioni dallo Stato di Israele.

Prima di ripartire verso la costa, che nel silenzio spera di tornare chiassosa, lo sguardo si aggira un’ultima volta tra i muri, le finestre illuminate e l’orizzonte; tornano alla mente queste parole di Cesare Pavese: “È ricca quella lontananza ch’è fatta di cose reali e perfette”. L’ultima luce del giorno lascia intravedere luoghi che evocano la Divina Commedia, dal Monte Catria a Focara, e qualcuno, alla luce pallida della lampada da studio, è ancora intento a scrivere memorie dantesche. In quell’atmosfera pensosa, e con le storie che Mondaino ha saputo raccontare, suonano pieni di senso i versi “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”.

Michele Borsatti

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