Fotografare il paesaggio, intervista ad Alberto Perer

Una notte stellata che si specchia nelle acque di un lago o le cime innevate di massicci montagnosi che galleggiano su una coltre spumeggiante : le fotografie di Alberto Perer regalano emozioni straordinarie. Il suo occhio scruta e interroga paesaggi per restituirne, in uno scatto, silenzi e spazi infiniti. Colori, suoni e sfumature si mescolano in una delicata armonia; così, un piccolo cespuglio di fiori ingentilisce e ravviva le fredde e grigie pareti di dolomia che si stagliano guardinghe sotto un cielo intagliato da squarci di nuvole.


Cervino dal lago Stellisee

 

Gruppo della Marmolada all’alba, Dolomiti

 

Fioritura di Potentilla nitida e Tre Cime di Lavaredo, Dolomiti

Alberto mi accoglie a Treviso, la sua città, e con garbo mi invita a seguirlo lungo i tanti vicoletti e i meravigliosi canali su cui si affacciano le case pittoresche di questa piccola perla del nord. Accetto con gioia e, assorbita dalle sue parole, mi lascio guidare alla scoperta di quei posti, con la stessa curiosità che mi accompagna ogni volta che mi avventuro in luoghi sconosciuti. Ascolto aneddoti e volgo il mio sguardo sulle tante facciate dipinte da antichi affreschi. Camminiamo così a lungo da non accorgerci quasi che è calata la notte e l’aria si è fatta più fresca. Le ghirlande di luci appese qua e là annunciano un Natale che quest’anno si vorrebbe di normalità, per ritornare ad abbracciarsi, a stare in famiglia, a ritrovare gli amici. Insomma, tutte quelle cose che, prima di questa tragica parentesi dovuta alla crisi sanitaria, ci sembravano scontate e alle quali non accordavamo una particolare importanza. Poi, ci rifugiamo in uno dei tanti locali che si affacciano sulla bella piazza dei Signori e mentre aspettiamo la pizza che abbiamo ordinato entrambi e che, a dire di Alberto, è una della migliori della città, gli faccio qualche domanda cominciando con due che, benché ovvie, mi sembrano imprenscindibili.

Treviso e il fiume Sile

Come sono nate le tue passioni per la montagna e per la fotografia?

La passione per la montagna è nata, quando avevo pochi mesi, sotto le pareti delle Pale di San Martino, grazie “all’imprinting” dato dalla mia famiglia che mi portava a trascorrere il periodo estivo nelle Dolomiti. E’ stato proprio sulle Pale che negli anni successivi ho iniziato a fare le prime lunghe escursioni in quota con le guide alpine e, a dir le verità, anche le prime foto! Poi intorno ai 25 anni, dopo un periodo di non frequentazione, ho ripreso a vivere le montagna assiduamente in ogni stagione partecipando alle escursioni della sezione di Treviso del Club Alpino Italiano.  Dopo corsi di escursionismo ed alpinismo, ho sentito la necessità di approfondire la conoscenza degli ambienti montani diventando Operatore Naturalistico Culturale. Fin dall’inizio la macchina fotografica è stata parte della mia attrezzatura, era lo strumento per “fissare nel tempo” ciò che mi colpiva, le emozioni che provavo, così da poterle rivedere e condividere.  Con il passare degli anni ho dato sempre più spazio all’aspetto interpretativo che trova la sua espressione più alta nella fotografia in bianconero.  Ora con le mie foto sono anche tra i soci sostenitori della Fondazione Dolomiti UNESCO.

Occuparsi di fotografia richiede molta pazienza e sensibilità oltre naturalmente a competenze tecniche e una buona attrezzatura. Ce ne vuoi parlare, spiegandoci anche qual è stato il tuo approccio con la fotografia in bianco e nero?

Inizialmente, una quindicina di anni fa, fotografavo con le prime macchine compatte digitali che permettevano di catturare velocemente il “momento” durante le escursioni, ma avevano dei limiti.  Negli anni successivi il passaggio alla reflex (abbinata a una buona ottica) mi ha permesso di esprimermi al meglio anche nei momenti di scarsità di luce come l’alba o situazioni notturne che, se ben gestite, possono regalare attimi molto suggestivi. Ritengo che alla base di una foto vi sia la sensibilità e l’occhio del fotografo che viene incuriosito ed ispirato; chiaramente è necessaria anche la padronanza dell’uso della propria macchina fotografica che permette di esprimere quell’istante e farlo durare per sempre, trasmettendo anche agli altri le proprie emozioni!  Sicuramente anche la virtù della pazienza è indispensabile per coltivare questa passione; riprendere la magia di particolari momenti richiede spesso dei sacrifici come lunghe salite e bivacchi in alta quota a temperature basse, capacità nel prevenire certe situazioni atmosferiche, fatiche però ripagate da scenari suggestivi.

In fase di scatto dedico molta attenzione alla composizione e alla luce, entrambi determinanti per far risaltare al meglio l’importanza del soggetto.  La scelta dell’uso del colore o del bianconero non è casuale o una banale alternativa in post produzione, ma dipende da come sono ispirato, da quanto si crea dinanzi a me e da come sento di interpretarlo. Come insegnano i grandi maestri, l’espressività del bianconero è unica poiché, non essendoci i vincoli dei colori, permette di cogliere subito l’essenza del soggetto.

Gruppo della Grande Casse, Vanoise, Alpi francesi

Arriva la pizza e, dopo il primo assaggio, concordo con Alberto. È veramente buona. Dei clienti infreddoliti fanno ingresso nel locale portando con loro una scia di aria gelida che uno dei camerieri si affretta a scacciare via chiudendo la porta. Il tempo si è decisamente incattivito dal pomeriggio in cui mi sembrava che fosse ancora autunno inoltrato. Mi vien da pensare subito alla montagna dove le condizioni meteo possono cambiare repentinamente e allora chiedo ad Alberto quanto contino tali condizioni quando si fa fotografia di paesaggio e come influenzino il suo modo di percorrere la montagna.  Alberto mi spiega che, contrariamente a quanto molti possono pensare, le condizioni meteo caratterizzate da un sole splendente e assenza di nuvole sono quelle meno gradite dai fotografi; cieli nuvolosi e squarci di sole dopo un temporale consentono di creare atmosfere suggestive.  Naturalmente quando organizza un percorso in montagna dedica molta attenzione alle previsioni meteo, in quanto non vorrebbe mai trovarsi a metà percorso nel bel mezzo di un temporale; si prefigge di arrivare entro una certa ora al rifugio e, a seconda della distanza, non sempre può soffermarsi a lungo in un determinato luogo.  Molte sue foto nascono a mano libera mentre cammina “zaino in spalla”, catturando l’attimo. Gli spiego che in tempi ormai lontani, ho conosciuto anch’io i paesaggi di montagna e le sue splendide foto mi riportano a luoghi familiari, a ridosso delle spettacolari vette dolomitiche che mi sembra lui prediliga. Mi incuriosisce sapere se, come fotografo, ha mai varcato i confini della sua regione e magari delle nostre frontiere. Allora glielo chiedo e Alberto mi racconta che in passato ha avuto modo di conoscere le Alpi Occidentali sia nel versante italiano che in quelli francese e svizzero. Recentemente ha anche compiuto diversi trekking in Austria mentre la Croazia, che definirirebbe la “montagna sul mare”, per diversi anni ha attratto la sua attenzione. È stato in Francia durante il suo Tour del Monte Bianco nel 2013, per poi tornarci successivamente andando a visitare la Vallée de la Clarée e il Parco della Vanoise dove ha avuto la fortuna di vivere diversi momenti suggestivi all’alba! In Svizzera, nella valle di Zermatt, è arrivato in concomitanza della celebrazione dei 150 anni dalla prima ascesa al Cervino; non sapeva delle scenografie di luci preparate per la sera lungo la via Hornli sulla cresta svizzera e del fascio luminoso che dall’Italia illuminava la cima, e quando dal lago Stellisee ha visto questo spettacolo è stata una bella sorpresa!  È sempre stato molto attratto dai paesaggi di alta quota e dalla visione dei ghiacciai e, per quanto possibile, cerca di frequentare le zone in cui può ammirarli. Purtroppo, per effetto del riscaldamento climatico, i ghiacciai oggi sono in forte ritiro e le fotografie diventano allora un prezioso strumento per testimoniare la loro situazione nel corso dei decenni, assumendo anche una valenza didattica e di sensibilizzazione.

Chiaro di luna in Val di Fanes, Dolomiti

 

Vallée de la Clarée, Alpi francesi

Siamo ormai al dessert quando mi accingo a fargli le ultime domande sotto lo sguardo complice di alcuni clienti che hanno accettato di parlare sottovoce per consentire al mio vecchio telefonino di registrare la nostra conversazione.

La fotografia, in particolare di montagna dove contano molto il sacrificio dell’attesa e spesso anche quello delle lunghe distanze da percorrere, può insegnare ad essere più umili? A saper relativizzare ?

Quando si affronta un’escursione o un trekking, abbiamo con noi non solo lo zaino, in cui dobbiamo concentrare tutto ciò che ci può essere indispensabile durante il percorso ed in caso di necessità, ma anche l’attrezzatura fotografica che ha un suo peso! Sapersi accontentare del minimo indispensabile per trascorrere una giornata tra le cime, ti fa capire che tante cose di cui ci circondiamo non sono poi così indispensabili…

 Quali sono stati i contributi di internet e del digitale nella fotografia di montagna?

Internet e i social possono aiutare a farsi conoscere e confrontarsi con altri fotografi, inoltre vi sono diverse fonti che si possono consultare per informazioni tecniche e non solo. L’avvento del digitale, rispetto alle macchine a pellicola, sicuramente ha favorito di molto la crescita degli appassionati di fotografia in ogni ambito.

Oggi parliamo molto di ambiente, di natura e di fragilità. Cosa può fare ognuno di noi, nel suo piccolo, per salvaguardarli?

Nel nostro piccolo, tutti possiamo fare qualcosa. Negli ultimi anni, a causa del riscaldamento del clima, si sono ridotte le risorse idriche in quota rendendo ad esempio sempre più difficile la gestione dell’acqua nei rifugi. E’ quindi necessaria una frequentazione

consapevole da parte dell’escursionista che deve comprendere che nei rifugi non sempre ci si può fare la doccia o utilizzare l’acqua come in un albergo.  Quando frequento la montagna, mi sento ospite di quell’ambiente che cerco di rispettare in ogni modo. Purtroppo certe situazioni di turismo di massa evidenziano la necessità di una maggiore informazione volta alla sensibilizzazione delle persone per la tutela dell’ambiente. .

Il nostro incontro finisce qui, ma sarei rimasta ancora per ore ad ascoltare Alberto. Il suo modo di raccontare le cose e la passione per quello che fa hanno un’eleganza che, purtroppo, sembra ormai appartenere ad altri tempi. Congedandomi da lui non posso non pensare ad una frase di Cartier-Bresson che avevo letto recentemente “Una foto si offre a chi la sa cogliere. Non la puoi catturare. Devi lasciare che sia lei a catturare te”.

Grazie, Alberto!

Il facebook di Alberto: https://www.facebook.com/alberto.perer.3

Stefania Graziano

 

Vista sulla Tofana di Rozes, Dolomiti d’Ampezzo

 


Laghi dei Piani, Dolomiti di Sesto

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