Se la collana Quetzal di Felici Editore, che prende il nome da un elegante uccello mesoamericano, si propone di pubblicare scritture esploratrici di territori ancora poco indagati, il romanzo da poco uscito per questa collana, “L’estate corsa” di Francesco Forlani, mantiene la promessa editoriale.
“L’estate corsa” è la storia di uno scrittore che, per volere del Comune di un paesino della Corsica, si ritrova a dover inventare la vita di un eroe immaginario e della sua illustre casata.
La narrazione prende avvio a Parigi, in Place des Vosges, in una triangolazione di sguardi umani e non solo: è l’ora della pausa pranzo, l’ora nella quale la città si ferma per mangiare, e nell’immobilità assolata del mezzogiorno, il protagonista e un roditore arrivano entrambi ad accaparrarsi un loro pranzetto. È infatti qui che Frank, questo è il nome del protagonista, legge per caso un annuncio che trova su Libération e che lo porterà ad avventurarsi in una terra incognita: la Corsica. E la quête ha inizio: i preparativi per la partenza, la partenza, il ferry, l’automobile, il cammino, perché, come riportato in una citazione anonima nel romanzo: “per descrivere una passeggiata ci vogliono scarpe buone”[1].
Frank non sa nulla della Corsica ed è proprio questa assenza di preparazione, questo sguardo da fuori, dalla giusta distanza, che ci accompagnerà attraverso le strade, i tornanti e le montagne di un’isola selvaggia: “quella terra che pare emersa dal nulla (e) non ha nessun’altra terra intorno a contestarle la sua singolarità”.
Ed è proprio la strada, l’unica vera rivoluzione ad aver cambiato la vita del popolo isolano, il motore che aveva dato avvio, negli anni Settanta, alla creazione di questo personaggio mitico, tale Paolo Ferrari, di sicuri antenati genovesi. Il sindaco di un piccolo comune, infatti, aveva voluto inventare la storia della morte di Ferrari come monito per gli automobilisti, aveva poi fatto costruire un’edicola in sua memoria e a trent’anni di distanza occorreva ricordare questo eroe. E per ricordarlo Frank avrebbe dovuto scrivere la biografia del Ferrari e di tutta la sua casata.
Mentre il lettore segue lo scrittore comporre i capitoli della “storia immaginaria e non dell’illustre casata Ferrari”, corredata di fotografie ed esposta a puntate nella piazza al centro del paese, diventa un po’ come gli abitanti stessi, che leggono la storia affissa sui muri e la commentano, ne aspettano il seguito, trepidanti, e sembra come di rileggere, allo stesso tempo, la storia della Corsica intera. Una storia che inizia con un naufragio avvenuto intorno al millecento, che continua con la faccenda del Banco di San Giorgio, il dominio genovese, i re effimeri, i banditi, fino al grande liberatore, quel Pasquale Paoli che chiese a Jean Jaques Rousseau di scrivere quella che diventerà la prima costituzione democratica d’Europa: la costituzione corsa.
Una storia che però non è sempre così chiara e che riserverà non poche sorprese, tanto al protagonista del romanzo quanto al lettore.
Nel suo viaggio Frank sarà in compagnia di diversi personaggi che lo aiuteranno a scoprire storie che si credevano morte e sepolte, luoghi remoti abitati da cani randagi, e lo traghetteranno di qua e di là da monti in una geografia apparentemente binaria, ma che a guardare meglio, come già fece il Tommaseo, può prendere una forma circolare, un “anello tra le due nazioni”[2]. O ancora, come ci suggerisce lo sguardo dello scrittore, può diventare una geografia nuova, nella quale possiamo scorgere le verticalità e le profondità, come la vita verticale che si ritrova nei paesini corsi, costruiti attorno a ripide scalinate o gli strapiombi delle strade a picco sul mare. In questo modo lo scrittore prova ad uscire anche dal dualismo della storia, dalla logica dei buoni e cattivi, perché “non si tratta più di dividere ma di unire i lembi di carne che la ferita, il taglio inferto dai fatti naturali della vita e della storia, tiene distaccati”[3]. Come suggerito allo scrittore da Rosa, ragazza della quale ben presto Frank si innamora, “l’ochji so d’acqua”[4], la nostra visione non è sempre chiara, ci sono cose che sfuggono, altre che ritornano e in mezzo a questa mareggiata di sguardi “la poesia grande” può immaginare e ritrovare favole antiche e rinnovare la conoscenza del mondo.
Elisa Veronesi
[1] Francesco Forlani, “L’estate corsa”, Felici Editore, Pisa, 2021, pag. 34
[2] Ivi, pag.26
[3] Ivi, pag. 154
[4] Ivi, pag. 45
Biografia di Francesco Forlani:
Francesco Forlani è nato a Caserta e vive a Parigi. Poeta, traduttore e agitatore culturale. È stato direttore artistico del magazine Paso Doblr
e a tutt’oggi della rinata rivista Sud. È redattore di Nazione Indiana e collabora con la rivista parigina L’Atelier du Roman. Ha partecipato
alla redazione dei Racconti in bottiglia per Rizzoli-Corriere della Sera. Tra le sue opere pubblicate in italiano e in francese, Métromorphoses (Le Manuscrit), Autoreverse (L’Ancora del Mediterraneo), Turning doors. La veranda di Montale (Quintadicopertina), Il peso del cielo (L’Arcolaio), Parigi senza passare dal via (Laterza), Peli (Fefè), Manifesto del cominista dandy e Penultimi (Miraggi). A Parigi insegna italiano nelle scuole della periferia parigina, esperienza da cui è nato il suo ultimo romanzo scritto in francese, Par-delà de la fôret (éditions Léo Scheer). «
Comments
Syreeta Bagwell
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Fausto
I penultimi è bellissimo. Bella recensione come sempre Elisa.
effeffe
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Elisa
Grazie Fabiola!
Fabiola Viani
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